Sirmione

La storia della penisola ha inizio nel secondo millennio a.C., l’Età del Bronzo, attestata dalla presenza di insediamenti palafitticoli lacustri rinvenuti, oltre che nella zona di Lago della Maraschina (nel Comune di Peschiera), anche in quelle di Porto Galeazzi (nel Comune di Sirmione) e di San Francesco (nel Comune di Desenzano).

Età Romana

Sirmione sorgeva sulla via Gallica, antica strada che da Bergamo e Brescia arrivava a Verona, per collegarsi alla via Postumia; a Desenzano la via Gallica proseguiva verso Peschiera lungo la costa, attraversando Rivoltella e Colombare.
Sulla collina che prende il nome di “Grotte di Catullo”, sorgono le rovine della villa romana (I secolo d.C.) che una lunga tradizione, priva di fondamento, attribuisce al poeta Catullo, in quel periodo, tutta la costa del basso Garda era in realtà stata eletta come luogo di villeggiatura di famiglie patrizie, come dimostra il rinvenimento, nel sito sirmionese, di almeno tre ville, le cui rovine sono state ribattezzate appunto “Grotte di Catullo”. Distribuite su un’area di due ettari in posizione panoramica, rappresentano la più imponente zona archeologica dell’Italia settentrionale.

I Longobardi e il Medioevo

Durante il dominio longobardo, il ruolo strategico di Sirmione è confermato dalla sua elezione a capoluogo della judiciaria sermionensis, zona che dalla Valtenesi si estendeva sino alla sponda orientale del lago e arrivava a sud fino a San Martino di Gusnago, frazione di Ceresara in provincia di Mantova, oltre a comprendere a nord la piana di Riva. Sono del periodo tre chiese esistenti nella seconda metà dell’VIII secolo, secondo le testimonianze coeve: San Martino, San Vito e San Pietro in Mavinas. La prima di queste, dedicata a San Martino, coincide forse con l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore. La chiesa dei Santi Vito e Modesto, tuttora esistente, non coincide con l’antico edificio dell’VIII secolo, abbattuto nel 1744 e ricostruito. Si tratta di una cappellina posta all’interno di una tenuta a circa due chilometri dal castello, che attualmente ospita le celebrazioni per la festa dei due Santi, il 15 giugno.
La chiesetta di San Pietro in Mavino sorge sull’omonima collina, e si deve probabilmente alla posizione geografica il misterioso toponimo: in summas vineas, cioè fra le vigne più alta. Una parte di abside all’inizio del vialetto che si inoltra nel parco pubblico è l’unica traccia rimasta di una quarta chiesa longobarda, dedicata a San Salvatore. L’edificio, costruito dopo il 760 dalla regina Ansa, moglie di Desiderio ultimo re dei Longobardi, faceva parte di un piccolo complesso monastico femminile. Da questo antico edificio provengono i reperti conservati nel castello, tra i quali due frammenti di ciborio recanti i nomi di Desiderio e di suo figlio Adelchi. La presenza longobarda a Sirmione è ulteriormente confermata dal rinvenimento di tombe nella zona tra la strada delle “Grotte”, il “Lido delle Bionde” e via Piana, che testimoniano l’esistenza di un’antica necropoli situata in questa zona.

Dagli Scaligeri alla dominazione veneziana

Dal 1197 la penisola entrò nella sfera di influenza del Comune di Verona, poi della signoria scaligera, con funzioni strategiche per il controllo assicurato dal castello, opera degli Scaligeri.
Circondato dall’acqua, dall’alto del mastio del castello si domina a vista il lago. Al complesso si collega la Chiesa di Santa Maria al Ponte, detta anche Oratorio della Beata Vergine al Ponte, ma chiamata Sant’Anna dagli abitanti del borgo, che da tempo immemorabile identificano con la santa la figura ritratta nell’affresco. Nel 1387 la dinastia della Scala tramontò e per Sirmione iniziò un rapido avvicendamento di signorie, fino al 1405 quando ebbe inizio la lunga dominazione veneziana che si protrasse sino al 1797.
Nel 1866 gli Austriaci cedettero Venezia e il Veneto al re d’Italia e in quella data si ricompose l’unità territoriale del Comune di Sirmione, spezzata dopo la Seconda Guerra di Indipendenza del 1859: il confine tra l’Austria e il Regno Sabaudo cadeva all’altezza dell’edificio detto “Vecchia Dogana”, che nel nome testimonia la sua antica funzione.

Lugana e Colombare

A sud della penisola di Sirmione, si estendeva l’antica selva Lugana o Ligana o Lucana o Litana, teatro di numerosi fatti d’armi, tra i quali lo scontro tra Costantino e Massenzio nel 312 d.C. Nell’attuale centro di Lugana si possono visitare la chiesetta dedicata a Sant’Orsola, un tempo cappella nobiliare, e il Monumento all’Alpino, testimonianza del sacrificio di molti Sirmionesi che militarono in questo Corpo. Poco distante, la località Colombare prende il nome da un’antica cascina oggi scomparsa. Negli anni Sessanta la popolazione volle la propria chiesa che, intitolata a San Francesco, interpreta nel linguaggio dell’architettura le novità degli anni del Concilio Vaticano II. Nel 2012 in via XXV Aprile, all’inizio della passeggiata lungolago è stata installata “Pietra Madre: il Menhir dell’amicizia e della pace” una scultura in pietra del Maestro Giuseppe Bongiorno.

La Fonte Termale

L’attività termale di Sirmione è nota in tutta Europa. Sin dal Rinascimento era nota la presenza di una fonte termale calda e solforosa, la Bojola, che zampilla dal fondale a 250 metri dalla riva orientale della penisola. La proprietà e la concessione sono in capo alla Società Terme e Grandi Alberghi Sirmione, nata nel 1921, che ancora le detiene. Risalgono al 1948 la costruzione del nuovo Stabilimento Termale e e la creazione di un Centro Cura della Sordità Rinogena. Attualmente gli stabilimenti sono due: il Catullo, nel centro storico e, dal 1987, il Virgilio, a Colombare. L’acqua termale di Sirmione viene utilizzata per la cura e la prevenzione di disturbi otorinolaringoiatrici, broncopneumologici, reumatologici, ortopedici, dermatologici e ginecologici. Nel 2003 è stato inaugurato al Catullo il centro Aquaria, luogo di benessere con piscina termale come fonte di benessere.

Buono a sapersi

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